De Mattia & Palma Commercialisti - News
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Spesometro - 02/01/2011
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Crisi d'impresa: il concordato stragiudiziale - 24/10/2014

L’imprenditore che attraversa una fase di crisi e che per dimensioni aziendali è fallibile in base all'art. 1 della Legge fallimentare puo' risolvere la crisi della sua impresa in modi differenti tra cui attraverso un concordato stragiudiziale.

Il concordato stragiudiziale e' un accordo plurilaterale definito direttamente con i creditori con lo scopo di conseguire almeno uno dei seguenti obiettivi:

  • un ulteriore differimento dei termini di pagamento (c.d. concordato dilatorio);
  • una riduzione dei propri debiti (c.d. concordato remissorio);
  • evitare la dichiarazione di fallimento.

Il concordato stragiudiziale consente all'imprenditore di evitare l’assoggettamento a qualsiasi forma di controllo da parte del tribunale o dei propri organi, e far trascorrere del tempo, talvolta determinante, per la decadenza delle azioni eventualmente esperibili dal curatore nel caso di successivo fallimento, nonché di beneficiare di tempi di esecuzione ragionevolmente ristretti e costi maggiormente contenuti rispetto ad una procedura concorsuale.

La proposta di concordato stragiudiziale, al fine di poter ottenere l’approvazione di tutti i creditori deve essere convincente, soprattutto in termini di importo e celerita' della soddisfazione del credito; sotto il primo profilo, l’accordo privato con i creditori potrebbe garantire una percentuale di pagamento superiore, in quanto i costi del procedimento sono decisamente ridotti rispetto a quelli prospettabili nell’alternativa di una procedura concorsuale, come può essere il concordato preventivo. Al ricorrere di quest’ultima ipotesi, infatti, emergerebbero ingenti costi di natura professionale – commissario giudiziale ed altri collaboratori della procedura (perito stimatore dei beni, consulente del lavoro, legale, liquidatore giudiziale, ecc.) – che andrebbero ad aggiungersi a quelli che accomunano le soluzioni di concordato stragiudiziale e preventivo, come il consulente incaricato della predisposizione del piano e delle relative attività di coordinamento. La mancanza di tali costi potrebbe, infatti, consentire al concordato stragiudiziale di offrire ai creditori un pagamento superiore a quello prospettabile nel concordato preventivo.

Per quanto concerne, invece, il secondo aspetto, ossia i tempi di esecuzione della proposta di concordato stragiudiziale, questi naturalmente devono essere più brevi almeno rispetto al concordato preventivo, soggetto ad una serie di vincoli imposti dalla Legge Fallimentare.

Al di fuori di tali vantaggi, il concordato stragiudiziale presenta soprattutto rischi, quali, ad esempio:

  • la prosecuzione, ovvero l’avvio, delle azioni individuali esecutive o cautelari da parte dei creditori, soprattutto quelli dissenzienti, oppure estranei all’intesa;
  • la fiscalità diretta maggiormente onerosa, con riferimento alle plusvalenze da cessioni di beni ed alle sopravvenienze attive da riduzioni di debiti, che – a differenza del concordato preventivo e, in parte, dei piani attestati e degli accordi di ristrutturazione dei debiti – sono integralmente imponibili;
  • l’assoggettamento degli amministratori, sindaci, liquidatori e direttori generali, nonché dei soci di s.r.l. (art. 2476, co. 7, c.c.) all’azione di responsabilità, nel caso di successivo fallimento della società, per aver concorso a cagionare, ovvero aggravare, il dissesto dell’impresa;
  • l’esclusione da alcuni benefici previsti dalla Legge Fallimentare a favore delle operazioni compiute in esecuzione di un piano attestato di risanamento, accordo di ristrutturazione dei debiti o concordato preventivo. 

Rimangono, in ogni caso, invocabili le generali ipotesi di esonero dall’azione revocatoria fallimentare, prevista dell’art. 67, co. 3, L.F.:

  • i pagamenti di beni e servizi effettuati, nei termini d’uso, nell’esercizio dell’attività d’impresa;
  • le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purchè non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca;
  • le alienazioni e i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., i cui effetti non siano cessati a norma del co. 3 della disposizione, conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o dei proprio parenti ed affini entro il terzo grado, ovvero immobili ad uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell’attività d’impresa dell’acquirente, purchè – alla data di dichiarazione del fallimento – tale attività sia effettivamente esercitata, ovvero siano stati compiuti investimenti per darvi inizio;
  • i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate dai dipendenti o da altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito;
  • i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, eseguiti alla scadenza, per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alla procedura concorsuale di concordato preventivo.

Naturalmente, rimane fermo il diritto del curatore fallimentare di esercitare l’azione revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 c.c., al fine di far dichiarare l’inefficacia degli atti di disposizione pregiudizievoli compiuti dal debitore, qualora ricorrano, congiuntamente, le seguenti condizioni:

  • il debitore era a conoscenza del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni dei creditori o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto era dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;
  • il terzo, trattandosi di atto a titolo oneroso, era consapevole del pregiudizio e – nel caso di atto anteriore al sorgere del credito – era partecipe della dolosa preordinazione.

Non e', tuttavia, soggetto a revoca l’adempimento di un debito scaduto: in ogni caso, l’azione revocatoria si prescrive nel termine di 5 anni dalla data dell’atto.

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dott. Fabio De Mattia al 347 2157285